Angelo Ruffoni nasce all’Isola dei Pescatori (Stresa, VB) nel 1925 da Defendente Ruffoni e Settimia Locatelli. Terminate le scuole dell’obbligo si iscrive al liceo artistico di Brera perfezionando il suo stile con l’aiuto del Professor Pietro Bosoni.

Dopo la guerra inizia il tirocinio come decoratore presso la storica manifattura S.C.I. Società Ceramica Italiana di Laveno, dove diventa in breve caporeparto. Qui si forma sotto la guida colta e raffinata di Guido Andlovitz, direttore artistico della S.C.I., e della designer Antonia Campi.

Negli anni ’50-’60 perfeziona il suo stile sia nella decorazione ceramica sia nella pittura vera e propria. Il lavoro pittorico propone soggetti legati all’isola dei Pescatori, a paesaggi del Monferrato, a un’interpretazione personale di Venezia e Parigi e a soggetti floreali. L’obiettivo è quello di tracciare linee forti e sicure da poter trasferire sul materiale ceramico.

Nel 1952 espone con successo le sue opere alla prima mostra della ceramica d’Arte Italiana a Messina; nel 1959 alla Triennale di Milano e nel 1962 nella personale al Circolo La Rinascente di Milano.

Muore tragicamente nel 1963 lasciando una bella eredità di arte e di affetti.

Angelo Ruffoni in un ricordo di Antonia Campi

…mi ero accorto, ma lui era così felice che ho continuato a remare…” L’amo si era impigliato in una rete, ma l’amico credeva di aver agganciato una grossa trota e troppo sarebbe spiaciuto ad Angelo disilluderlo.

Quando si ricorda Angelo Ruffoni, prima di ogni altra prerogativa si presentano le sue qualità morali: la grande gentilezza, la disponibilità, la rara attenzione con cui si poneva di fronte agli altri, la generosità, la modestia. La sua attività artistica era così naturale che tutti e lui per primo non le davano gran peso.

Oggi le sue opere ci restituiscono un mondo tutto positivo. I paesaggi, le case, soprattutto le case, le case di Parigi, di Venezia, del Lago Maggiore ci rimandano attraverso un’ottica garbata e sensibile il lato più nobile degli uomini che le hanno costruite e vissute.

Scritto in occasione della mostra personale postuma “ANGELO RUFFONI (1925-1963)” tenutasi a Cerro nel 1988.